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Risultati dallo studio TREE (Transizioni dalla prima formazione al mondo del lavoro)

Come il genere influenza le scelte professionali e le carriere

Scelte professionali e carriere in Svizzera sono ancora fortemente influenzate dal genere. Oltre alla scelta della professione, il genere influenza la percezione di sé dei giovani adulti, l’anticipazione del loro ruolo familiare e il loro livello di retribuzione. In media, solo una persona su quattro sceglie una formazione professionale in cui entrambi i sessi sono ugualmente rappresentati. Numerosi studi basati sui dati TREE richiamano l’attenzione su tali correlazioni. I risultati, come rilevano gli autori della presente sintesi, sottolineano l’urgente necessità di un “degendering” delle traiettorie formative e occupazionali.


“Il dato più eclatante […] è la forte e persistente influenza del genere sui due principali filoni di vita, vale a dire lavoro e famiglia, […] nelle persone che formano coppie eterosessuali, hanno figli e attraversano le varie fasi della vita familiare.”  (Levy & Widmer, 2013)

Circa 50 anni dopo che gli uomini svizzeri hanno finalmente concesso alle donne il diritto di voto a livello federale, la Svizzera resta ancora lontana dal raggiungere gli obiettivi di parità di genere. Come suggeriscono Levy e Widmer nella citazione sopra riportata, il genere influenza ancora fortemente i percorsi di vita nella società svizzera. A prima vista, ciò contrasta con i “profondi cambiamenti nel settore della formazione” che Kriesi e Imdorf (2019) osservano in molte società post-industriali basate sulla conoscenza. Se negli anni intorno al 1980 solo due terzi di tutte le giovani donne svizzere conseguivano un titolo di studio post-obbligatorio, all’inizio dell’attuale decennio il 40% di esse era in possesso di una qualifica di livello terziario, il che corrisponde a dieci punti percentuali in più rispetto alle loro controparti maschili.[1] Ciononostante, il sistema formativo svizzero resta fortemente caratterizzato dalla separazione fra un genere e l’altro. Secondo Kriesi e Imdorf (2019), ciò “ha un impatto sulle successive carriere formative e professionali e sul successo professionale delle persone”.

Al di fuori del mondo anglosassone, in particolare nei Paesi di lingua tedesca, ci sono tuttavia pochissimi studi che seguono le traiettorie formative e lavorative dei giovani in modo longitudinale e per un periodo di tempo prolungato. In Svizzera, lo studio TREE (Transitions from Initial Education to Employment) è uno dei primi a colmare questa lacuna. Per quanto riguarda i percorsi di vita specifici per genere, il suo disegno e i suoi dati offrono un’opportunità unica di analizzare le differenze di genere come un processo complesso e multidimensionale praticamente “in tempo reale”. In questo articolo è riportata una panoramica dei corrispondenti risultati.[2]

L'(in)uguaglianza di genere in Svizzera nel passaggio alla vita lavorativa

In media, soltanto un apprendista su quattro opta per una formazione in cui entrambi i generi sono ugualmente rappresentati (considerando una quota pari ad almeno il 40% per entrambi i generi).

In Svizzera, negli ultimi decenni, i tassi di conseguimento di titoli suddivisi per genere si sono invertiti. A livello secondario II, le donne hanno raggiunto la parità con gli uomini (90% per entrambi i generi).[3] All’inizio degli anni 2020, il 40% di tutte le giovani donne (popolazione residente permanente) in Svizzera era in possesso di un titolo di livello terziario – rispetto al 30% dei giovani uomini. Tuttavia, fra donne e uomini esistono ancora forti differenze. A livello secondario II, più di un terzo delle giovani donne frequenta programmi di formazione generale, mentre i giovani uomini sono solamente un quarto. Al contrario, quasi due terzi dei giovani uomini completano un programma di formazione professionale di base – rispetto alla metà delle giovani donne.[4]

L’accesso al mercato del lavoro in Svizzera è largamente determinato dal sistema di formazione professionale. Circa il 60% delle persone appartenenti a una stessa coorte di età frequenta, a livello secondario II, una formazione professionale di base – e l’accesso a un centinaio di specifici segmenti del mercato del lavoro avviene attraverso l’acquisizione del corrispondente titolo di formazione professionale (v. Sacchi et al., 2016). Se da un lato questo meccanismo favorisce un passaggio agevole al mondo del lavoro, dall’altro ostacola fortemente la mobilità all’interno del mercato del lavoro stesso tra una professione e l’altra (Buchs et al., 2015; Mueller & Schweri, 2015).

La decisione di seguire una determinata formazione professionale non è del resto soltanto un forte fattore predittivo della professione successivamente esercitata, ma anche di quanto la professione stessa sia fortemente caratterizzata dal genere.[5] In media, soltanto un apprendista su quattro opta per una formazione in cui entrambi i generi sono ugualmente rappresentati (considerando una quota pari ad almeno il 40% per entrambi i generi). Delle 20 formazioni professionali scelte più frequentemente, più della metà sono dominate dalla presenza di uomini oppure di donne (con una quota superiore al 90% per uno dei due generi).[6] Schwiter et al. (2014) hanno rilevato che, dopo avere completato la scuola dell’obbligo (a un’età media di 15-16 anni), quasi due terzi degli intervistati aspiravano a una futura professione “tipica” per il loro genere. Sette anni dopo (a un’età media di 23-24 anni) questa percentuale era cresciuta a oltre tre quarti degli occupati in quel momento.

Numerose analisi dimostrano che la scelta precoce della professione già all’età di 14-15 anni, insieme al già citato stretto legame tra formazione professionale e mercato del lavoro, rafforza le differenze di genere in merito sia ai percorsi formativi sia alle successive carriere occupazionali (Buchmann & Kriesi, 2012; Kriesi & Imdorf, 2019; Leemann & Keck, 2005). Nella prima adolescenza, infatti, la scelta della professione e la formazione dell’identità di genere si sovrappongono, favorendo la scelta di formazioni professionali tipiche per il proprio genere (Charles & Buchmann, 1994; Leemann & Keck, 2005). A causa dello stretto legame tra formazione professionale e mercato del lavoro, questa scelta può successivamente essere corretta solo con uno sforzo relativamente elevato, il che porta a un alto livello di “genderizzazione” del mercato del lavoro (Buchmann & Kriesi, 2009; Heiniger & Imdorf, 2018; Imdorf et al, 2015; Solga & Konietzka, 2000; Trappe, 2006).

Oltre a ciò, le percezioni specifiche di genere influenzano i le concezioni di sé in relazione alle prestazioni scolastiche. Jann e Hupka-Brunner (2020) hanno analizzato sulla base di dati relativi a test di matematica della seconda coorte TREE la relazione tra il concetto di sé in merito alla matematica, i risultati dei test e le preferenze per le materie MINT (matematica, informatica, scienze naturali, tecnica).  L’analisi mostra che la minore preferenza delle donne per le materie MINT è fortemente correlata alla loro minore fiducia nelle proprie capacità matematiche – e niente affatto alle capacità stesse. Analogamente, Combet (2023) ha esaminato la relazione tra le preferenze per specifiche materie e le caratteristiche specifiche di genere che vengono attribuite alle materie stesse, concludendo che le donne sono scoraggiate dallo studiare materie tradizionalmente riservate agli uomini in quanto, a causa di stereotipi di genere, non sono associate al genere femminile (per esempio: pensiero astratto contro creativo o compiti tecnici contro compiti sociali).

Il modello familiare resta ostinatamente tradizionale

È particolarmente sorprendente che le idee sulla futura famiglia siano un fattore centrale sia per per i giovani uomini e le giovani donne quando si tratta di spiegare perché sia gli uni sia le altre scelgano prevalentemente professioni tipiche per il proprio genere.

Oltre all’accesso alla formazione professionale (fortemente dipendente dal genere) a livello secondario II, anche il passaggio alla genitorialità influenza le carriere professionali in modo diverso a seconda del genere. I ruoli di genere (anticipati) sono infatti largamente legati al potere conciliare famiglia e carriera. È particolarmente sorprendente che le idee sulla futura famiglia siano un fattore centrale sia per i giovani uomini e le giovani donne quando si tratta di spiegare perché sia gli uni sia le altre scelgano prevalentemente professioni tipiche per il proprio genere.  Mentre le giovani donne con esperienza professionale in professioni atipiche rispetto al proprio genere prevedono un’incompatibilità fra il loro lavoro e una loro possibile futura maternità, i loro colleghi maschi in situazioni analoghe temono di non saper corrispondere al tipico ruolo maschile di sostegno economico della famiglia. D’altro canto, molti giovani uomini sembrano voler partecipare attivamente alla cura dei figli, il che è spesso associato a una riduzione del loro grado di occupazione (Baumgarten et al., 2016; vedi anche Buchmann & Kriesi, 2009). In realtà, tuttavia, circa il 20% di tutte le coppie con figli di età inferiore ai 13 anni organizza il proprio lavoro secondo il modello del percettore unico di reddito, mentre un altro 30% lo organizza secondo il modello del percettore di reddito principale, con la donna che lavora con un grado di occupazione inferiore al 50% (UST, 2020). In altre parole, circa la metà delle coppie con figli di età inferiore ai 13 anni trova una distribuzione più o meno equilibrata della propria attività lavorativa.

I risultati dello studio TREE mostrano anche che le donne guadagnano significativamente meno degli uomini. Il divario retributivo a loro svantaggio è pari a circa un ottavo del reddito medio della coorte TREE corrispondente ai 30 anni di età (Gomensoro et al., 2017). Le donne subiscono un notevole divario retributivo già all’inizio della loro carriera lavorativa, vale a dire molto prima di una successiva fase familiare (Bertschy et al., 2014; Combet & Oesch, 2019). Ciò è confermato anche una volta che si siano controllate le risorse familiari, le competenze e i titoli di studio (parte “non spiegata” del divario retributivo fra i generi). Prendendo in considerazione il primo impiego dopo il completamento della formazione formale, Bertschy (2014) ha riscontrato un divario retributivo totale pari a circa l’8% a sfavore delle donne (misurato in termini di salari equivalenti a tempo pieno), di cui circa tre quarti restano non spiegati. Nelle professioni in cui nessuno dei due generi è sovrarappresentato, la parte non spiegata del divario retributivo è significativamente più alta rispetto a quelle tipiche per un determinato genere (vale a dire quelle in cui gli uomini o le donne rappresentano meno del 30% degli occupati). Ma non è tutto: Bertschy mostra infatti che gli uomini guadagnano di più anche nelle professioni tipiche delle donne. Gli uomini occupano infatti posizioni meglio retribuite rispetto alle donne anche in queste professioni.

Combet e Oesch (2019) giungono a risultati molto simili a quelli di Bertschy et al. (2014). Essi stimano che il divario retributivo non spiegato fra i generi all’inizio della carriera lavorativa sia del 36% a favore degli uomini, concludendo, anche dopo aver controllato tutte le caratteristiche di produttività rilevanti, che le giovani donne guadagnano meno dei giovani uomini già molto prima di avere figli. Secondo le loro stime, a parità di altre condizioni, le giovani donne perdono circa mezzo mese di stipendio all’anno rispetto ai giovani uomini.

In linea con i risultati ottenuti da fonti di dati trasversali, i risultati basati sui dati del panel TREE confermano che il passaggio alla genitorialità accentua ancora di più le differenze fra un genere e l’altro in relazione alla carriera professionale. Mentre in media, a 30 anni, gli uomini con figli sono o rimangono occupati a tempo pieno quasi senza eccezioni, circa un quinto delle donne con figli esce (almeno temporaneamente) dal mercato del lavoro. Tre quarti delle madri lavoratrici sono impiegate a tempo parziale, in quasi la metà dei casi con un grado di occupazione inferiore al 50%, indipendentemente dal proprio livello di formazione (Gomensoro et al., 2017). Il divario retributivo fra i generi all’età di 30 anni è pari al 9% (equivalente a tempo pieno) per le donne senza figli e al doppio (18%) per le donne con figli (ibidem).

Conclusioni

In questo contributo abbiamo illustrato come le traiettorie formative e occupazionali siano in Svizzera fortemente determinate del genere. In un confronto internazionale, la situazione della Svizzera riguardo alla “genderizzazione” dei percorsi di vita è de resto particolarmente significativa, in quanto essa appartiene ai Paesi con un sistema di formazione professionale (duale) fra i più sviluppati – e questi sistemi sono caratterizzati da transizioni relativamente fluide dalla formazione al mondo del lavoro. Oltre a ciò, tali sistemi sono caratterizzati da un legame particolarmente forte tra formazione (professionale) e successiva occupazione, il che tende a rafforzare le differenze di genere sia orizzontali sia verticali sul mercato del lavoro.[7] Sulla base dei dati TREE, è possibile analizzare questi processi e i meccanismi sottostanti, per così dire, “in tempo reale”, cioè durante il loro stesso processo di nascita. La precocità della scelta della professione, soprattutto nel contesto della formazione professionale di base duale, favorisce la scelta di una professione tipica per il proprio genere – e ciò ha conseguenze a lungo termine sulle carriere lavorative a causa della marcata rigidità dei percorsi del sistema svizzero di formazione e di transizione al mondo del lavoro. La “genderizzazione” orizzontale del sistema formativo rafforza cioè la successiva “genderizzazione” verticale del mercato del lavoro. Uno dei risultati più sorprendenti delle analisi TREE sulla “genderizzazione” delle traiettorie formative e occupazionali è la precocità e la misura in cui l’anticipazione del proprio ruolo di genere influenzi le aspirazioni di carriera delle persone – e quindi anche le decisioni relative a quale formazione seguire nel passaggio dal livello secondario I al livello secondario II. Ciò vale soprattutto nel caso della formazione professionale.

Le analisi TREE mostrano, tra l’altro, differenze salariali non spiegate specifiche per genere fin dall’inizio della carriera, una pronunciata differenziazione occupazionale sia orizzontale sia verticale tra i generi e una sorprendente discrepanza tra il grado di occupazione delle giovani madri e quello dei giovani padri.

Per quanto riguarda le conseguenze sul mercato del lavoro, è chiaro come il genere sia di gran lunga il singolo fattore più significativo a influenzare la situazione occupazionale delle persone all’età di 30 anni – in forte connessione con la situazione familiare. Le analisi TREE mostrano, tra l’altro, differenze salariali non spiegate specifiche per genere fin dall’inizio della carriera, una pronunciata differenziazione occupazionale sia orizzontale sia verticale tra i generi e una sorprendente discrepanza tra il grado di occupazione delle giovani madri e quello dei giovani padri.

Questi risultati sottolineano l’urgente necessità di un “degendering” delle traiettorie formative e occupazionali e di corrispondenti misure politiche. Il fatto che tante scelte professionali siano determinate dal genere non riflette soltanto le preferenze individuali dei giovani, ma tende a esacerbare le disuguaglianze sociali tra uomini e donne sul mercato del lavoro e nella società nel suo complesso. Oltre a ciò, deve essere ripensato il fatto che il sistema svizzero di formazione professionale obblighi le persone a scegliere una professione in età eccezionalmente precoce (già a 14 anni), aumentando la successiva reversibilità e permeabilità fra i percorsi formativi e/o professionali. Ancora, la dimensione normativa dei ruoli di genere rispetto alla scelta della professione dovrebbe essere tenuta in maggiore considerazione rispetto a quanto avviene oggi. Va infine notato che il “degendering” delle traiettorie formative e professionali è indissolubilmente legato alla necessità di misure nelle aree della politica sociale, familiare e del mercato del lavoro – quali la promozione della parità di retribuzione, delle pari opportunità di carriera e della conciliazione tra famiglia e carriera.

Versione abbreviata della Tree Working Papier Series N. 7: Gegenderte Lebensläufe in der Schweiz: Befunde aus der TREE-Studie (Percorsi di vita determinati dal genere in Svizzera: risultati dello studio TREE).

[1] Ufficio federale di statistica. Indicateurs de la formation (in francese)
[2] Versione abbreviata della Tree Working Papier Series N. 7: Gegenderte Lebensläufe in der Schweiz: Befunde aus der TREE-Studie (Percorsi di vita determinati dal genere in Svizzera: risultati dello studio TREE).
[3] Ufficio federale di statistica. Indicateurs de la formation (in francese)
[4] Ufficio federale di statistica. Indicateurs de la formation (in francese)
[5] Le occupazioni “tipicamente maschili” e “tipicamente femminili” sono normalmente quelle in cui la percentuale di uomini o donne è pari o superiore al 70%.
[6] Ufficio federale di statistica. Indicateurs de la formation (in francese)
[7] La segregazione orizzontale analizza la distribuzione delle donne e degli uomini nei diversi settori e occupazioni del mercato del lavoro. I salari più alti sono spesso pagati nei settori a prevalenza maschile. La segregazione verticale si riferisce al fatto che uomini e donne si trovano ancora a livelli diversi nella gerarchia aziendale, anche in settori con una proporzione equilibrata di donne e uomini.

Riferimenti

Citazione

Hupka-Brunner, S., & Meyer, T. (2024). Come il genere influenza le scelte professionali e le carriere. Transfer. Formazione professionale in ricerca e pratica 9(8).

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