Un libro sul processo di consulenza di orientamento
Le 5 A della consulenza di orientamento: una guida pratica
Il “modello delle 5A” propone una sintesi di alcuni studi recenti al fine di presentare un quadro integrato e coerente del processo di consulenza di orientamento. La presentazione dettagliata delle fasi e delle tappe di questo modello consente di chiarire le problematiche e le competenze connesse a questa pratica. Essa invita inoltre a rimettere in discussione alcuni presupposti considerati intoccabili, quali la valutazione delle competenze, l’idea di sviluppare progetti di carriera a lungo termine, la convinzione della superiorità della “scienza” rispetto alla pratica, così come la rilevanza della ricerca come principale punto di riferimento di questo processo.
Tutti pensano di sapere che cos’è la consulenza di orientamento, fino al momento in cui si tratta di precisarne le fasi e i processi chiave: ed è proprio a quel punto che sembra non esserci più alcun accordo. Ciò è quanto suggeriscono i rari studi che hanno cercato di descrivere questo processo in maniera ordinata e sequenziale (fra cui Gysbers et al., 2014; Kidd, 2007; Lent & Brown, 2020; Niles & Harris-Bowlsbey, 2017). Questi autori individuano da tre a sette “tappe chiave”, spesso dai contenuti variabili. Questa mancanza di punti di riferimento complica il lavoro delle professioniste e dei professionisti dell’orientamento, sia in formazione (che faticano a ricostruire il processo come un insieme coerente), sia già esperti (che trovano difficile spiegare ai partner istituzionali la specificità e il valore aggiunto del loro approccio). Una tale vaghezza rende altresì difficile il compito di ricercatrici e ricercatori, poiché l’assenza di consenso rende arduo misurare gli “effetti” reali della consulenza. Per ovviare a tale carenza, si fa spesso ricorso a mezzi limitati e comunque insoddisfacenti, quali la misurazione della differenza pre-post in interventi standardizzati, attraverso indicatori generali come il grado di indecisione o il senso di autoefficacia nella scelta professionale.
Un modello integrato del processo di consulenza di orientamento
Il risultato di questo lavoro è il “modello delle 5A”, che struttura il processo di consulenza attorno a cinque fasi principali (Accogliere, Analizzare, Accordarsi, Attivare e Accompagnare) e a 14 compiti chiave
Per rispondere a queste problematiche, ci è parso essenziale proporre un modello integrato del processo di consulenza che fosse in grado di offrire punti di riferimento chiari sia a persone in formazione, sia a ricercatrici e ricercatori del settore. In quest’ottica, l’autrice si è impegnata a sintetizzare le proposte esistenti, arricchendole con la propria esperienza pratica e con quelle di numerosi colleghi attivi sul campo. Il risultato di questo lavoro è il “modello delle 5A” (Rochat, 2025), che struttura il processo di consulenza attorno a cinque fasi principali (Accogliere, Analizzare, Accordarsi, Attivare e Accompagnare) e a 14 compiti chiave (cfr. Figura 1), organizzati in un ordine sequenziale, sebbene ricorsivo (da qui le frecce bidirezionali tra le diverse tappe dello schema). Oltre a ciò, il modello riconosce esplicitamente l’impatto di fattori esterni (ambiente naturale, materiale, umano e socio-culturale) e personali (motivazione, competenze e caratteristiche biologiche), tanto della persona che usufruisce della consulenza quanto di quella che la fornisce.

Figura 1. Il “modello delle 5A” della consulenza di orientamento, riprodotto dietro autorizzazione di Rochat, S. (2025). Les 5As du conseil en orientation : un guide pour la pratique. Éditions Lucnia (p. 15).
Il “modello delle 5A” offre una rappresentazione globale del processo di consulenza di orientamento, applicabile in qualsiasi contesto culturale, istituzionale o temporale.
Il “modello delle 5A” offre una rappresentazione globale del processo di consulenza di orientamento, applicabile in qualsiasi contesto culturale, istituzionale o temporale. Non si tratta, ovviamente, di irrigidire tale processo né di limitare il margine di manovra di chi richiede o di chi fornisce la consulenza, bensì di delineare un quadro di riferimento flessibile che faccia luce sui processi in gioco, sulle competenze richieste e sugli ostacoli ricorrenti al fine di facilitare l’adattamento delle prestazioni di consulenza sia ai bisogni delle persone sia alle caratteristiche del contesto in cui ha luogo l’incontro.
Il contenuto in sintesi
La presentazione dettagliata delle cinque fasi e delle 14 tappe consente di mettere in luce i quesiti e i dilemmi ricorrenti degli specialisti dell’orientamento (per es. “A quale teoria fare riferimento?”, “Quali strumenti sono stati validati?” oppure “Bisogna incoraggiare il sogno o piuttosto il confronto con la realtà?”), proponendo al contempo percorsi di risposta fondati su una rigorosa rassegna della letteratura esistente. In totale, sono stati considerati oltre 600 recenti riferimenti accademici per rispondere a 60 domande particolarmente frequenti. Così, il dettaglio della fase “Accogliere” contribuisce a evidenziare le competenze di ascolto attivo e l’atteggiamento specifico che richiedono le pratiche di consulenza di orientamento. Oltre a ciò, esso aiuta a individuare i numerosi ostacoli che possono intralciare l’acquisizione e la manifestazione di tali competenze, così come la difficoltà ad autovalutarsi nelle discipline, a ritagliarsi uno spazio rispetto a terzi esigenti o ancora a posizionarsi con chiarezza rispetto alle finalità della procedura. Analogamente, la fase “Analizzare” permette di interrogarsi sui contributi e sui limiti dei quadri teorici per la pratica, così come sulle sfide poste dalla proiezione verso un futuro incerto (se non perfino ansiogeno), che caratterizza i percorsi di orientamento.
La fase “Accordarsi” mette quindi in evidenza la necessità di personalizzare gli interventi in funzione dei fabbisogni delle persone che cercano un orientamento, così come l’importanza di disporre della gamma più diversificata possibile di strumenti e strategie a tale scopo. Basandosi su numerosi studi di riferimento, questa parte mette in discussione la tendenza attuale alla standardizzazione dei dispositivi di accompagnamento (come nel caso della diffusione di programmi pre-strutturati quali viamia), nonché la convinzione in base alla quale gli strumenti “ben validati” dovrebbero essere preferiti. In realtà, diverse statistiche e statistici di rilievo (quali Molenaar, 2004) denunciano da anni i metodi statistici classici utilizzati per costruire e “validare” gli strumenti psicometrici. I loro avvertimenti, tuttavia, continuano a essere ampiamente ignorati nel campo della psicologia e ancor più in quello dell’orientamento – che è particolarmente incline all’uso di tali strumenti. Questo capitolo propone pertanto un cambiamento di paradigma: la scelta degli strumenti dovrebbe essere guidata anzitutto da criteri etici (vale a dire: non dannosità, beneficio, sostegno all’autonomia, obiettività, responsabilità e veridicità), piuttosto che da indicatori tecnici relativi alle loro caratteristiche interne.
La fase “Attivare” prosegue le riflessioni avviate nella fase “Accordarsi” concentrandosi sulle novità nelle pratiche di valutazione degli interessi, della personalità, delle attitudini e dei valori, nonché sull’esplorazione e la scelta in contesti incerti e complessi. La lettura di questo capitolo può risultare destabilizzante per gli specialisti, in quanto diverse pratiche considerate “fondanti”, quali la valutazione delle attitudini o l’elaborazione di “progetti” di carriera, vengono qui radicalmente messe in discussione alla luce di considerazioni etiche, metodologiche e sociali. Vengono proposte, in risposta a tali critiche, alternative più realistiche, più innovative o più eque.
Infine, la fase “Accompagnare” affronta le sfide legate alla conclusione dei percorsi di orientamento (in particolare quando si interrompono in modo prematuro), nonché quelle poste dalla valutazione dei loro effetti. L’obiettivo consiste qui nell’offrire alle professioniste e ai professionisti sia un quadro di riferimento sia strumenti concreti attivabili in questi momenti decisivi. Questo capitolo invita altresì a riconsiderare l’influenza della logica neoliberale, che permea fortemente le politiche e gli studi recenti sulla consulenza di orientamento, secondo la quale successi e insuccessi sono ampiamente attribuiti all’individuo piuttosto che a fattori contestuali (cfr. Sultana, 2024). In questo contesto vengono analizzate criticamente le nozioni di “risorsa di carriera”, di “adattabilità della carriera” e di “competenze nella gestione della carriera”. Vengono quindi presentati modelli e strumenti per superare questa lettura dei percorsi professionali incentrata sulle responsabilità dell’individuo.
I contributi chiave dell’opera
Il “modello delle 5A” costituisce un ponte essenziale per favorire il dialogo tra la “teoria” e la “pratica”, contribuendo a superare la separazione, spesso sterile, tra queste due sfere.
Nel complesso, il “modello delle 5A” si colloca a un livello di astrazione intermedio tra i metodi, le tecniche e gli strumenti della pratica da un lato, e le teorie e i risultati della ricerca dall’altro. In quanto tale, esso costituisce un ponte essenziale per favorire il dialogo tra la “teoria” e la “pratica”, contribuendo a superare la separazione, spesso sterile, tra queste due sfere. Questa posizione permette altresì di evitare la trappola dello “scientismo”, largamente diffuso nel campo della consulenza di orientamento. Il Dizionario Le Robert definisce lo scientismo come un “atteggiamento filosofico consistente nel considerare che la conoscenza possa essere raggiunta solo attraverso la scienza, e che la conoscenza scientifica sia sufficiente a risolvere i problemi filosofici”. Nei fatti, ciò si traduce spesso nella falsa convinzione della superiorità della ricerca scientifica rispetto all’esperienza sul campo, con ricercatori che si aspettano che chi opera nella pratica applichi o convalidi i risultati delle loro “scoperte”. Tuttavia, questi ricercatori sono spesso scollegati dalla realtà operativa e non hanno mai avuto un’esperienza diretta sul terreno. Al contrario, chi opera in contesti pratici sviluppa una competenza concreta e profondamente radicata nella realtà, che risulta ben più adeguata a comprendere e a rispondere alle effettive problematiche delle persone che cercano un orientamento.
L’analisi dettagliata dei processi e delle sfide insite nelle diverse fasi e tappe del processo di consulenza di orientamento permette così di costruire un “profilo di qualificazione” coerente e strutturato. Ciò consente successivamente di rispondere in modo argomentato alla domanda che ancora oggi suscita dibattito in Svizzera: è necessario essere psicologi per praticare come consulenti di orientamento? Di fatto, l’adozione di un quadro di processo come quello qui proposto permette di chiarire come l’esercizio di questa funzione richieda un ventaglio di competenze varie, fra cui competenze di tipo psicologico. Tuttavia, una formazione in psicologia non appare indispensabile, se non altro perché le attuali formazioni in psicologia spesso attribuiscono un peso sproporzionato ai “saperi” teorici, a scapito dei “saper fare” e dei “saper essere”, così come dei “saperi” legati al mercato del lavoro e alla formazione professionale. Proprio questi ultimi sono altrettanto, se non di più, utili per poter operare con successo. In altre parole, il possesso di un titolo di psicologo non garantisce l’acquisizione delle competenze pratiche e relazionali essenziali necessarie alla consulenza di orientamento.
Riassunto
Il “modello delle 5A” propone una sintesi di alcuni studi recenti per descrivere un coerente modello integrato del processo di consulenza di orientamento. Questo modello descrive cinque fasi (Accogliere, Analizzare, Accordarsi, Attivare e Accompagnare) e 14 compiti chiave essenziali. Grazie a una presentazione dettagliata, fondata su numerosi riferimenti teorici ed empirici, esso chiarisce le sfide e le competenze inerenti alla pratica. La fase dell’Accogliere mette in luce le sfide legate alle competenze di ascolto attivo e all’atteggiamento specifico di chi fornisce la consulenza. La fase dell’Analizzare chiarisce i contributi e i limiti della teoria nei confronti della pratica. La fase dell’Accordarsi sottolinea l’importanza di personalizzare i percorsi per adattarli ai bisogni della persona e alla “zona di competenza” di chi fornisce la consulenza. La fase dell'”Attivare” fa il punto sulla pertinenza delle pratiche attuali. Infine, la fase dell'”Accompagnare” affronta le questioni di giustizia sociale nel campo dell’orientamento. Nel complesso, l’opera mette in guardia contro l’influenza dello scientismo e del neo-liberismo nella ricerca e nella politica attuale in materia di orientamento.
Bibliografia
- Gysbers, N. C., Heppner, M. J., & Johnston, J. A. (2014). Career counseling: Holism, diversity, and strengths (4th ed.). American Counseling Association.
- Kidd, J. M. (2007). Career counseling. In H. Gunz & M. Peiperl (Eds.), Handbook of career studies (pp. 97–113). Sage.
- Lent, R. W., & Brown, S. D. (2020). Career decision making, fast and slow: Toward an integrative model of intervention for sustainable career choice. Journal of Vocational Behavior, 120.
- Molenaar, P. C. M. (2004). A manifesto on psychology as idiographic science: Bringing the person back into scientific psychology, this time forever. Measurement: Interdisciplinary Research & Perspective, 2(4), 201–218.
- Niles, S. G., & Harris-Bowlsbey, J. (2017). Career development interventions (5th ed.). Pearson.
- Rochat, S. (2025). Les 5As du conseil en orientation : Un guide pour la pratique. Lucnia.
- Sultana, R. G. (2024). Four ‘dirty words’ in career guidance: From common sense to good sense. International Journal for Educational and Vocational Guidance, 24, 1–19.
Citazione
Rochat, S. (2025). Le 5 A della consulenza di orientamento: una guida pratica. Transfer. Formazione professionale in ricerca e pratica 10(10).