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Studio della SUFFP sull’empatia degli insegnanti del livello II nel Cantone Ticino

Insegnare è anche un compito emotivo

Le emozioni in classe non sono un dettaglio marginale, ma parte integrante della vita professionale delle e dei docenti. Per gestirle correttamente occorre empatia, ovvero la capacità di percepire e comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri. Uno studio svolto in Ticino tra oltre duecento docenti di livello secondario II mostra come l’empatia giochi un ruolo cruciale nel benessere personale, nell’efficacia percepita e nello stile didattico. Ma l’empatia non è un fenomeno univoco: può favorire pratiche pedagogiche di qualità oppure, se mal gestita, aumentare il rischio di esaurimento. Riflettere su quali emozioni emergono, come vengono vissute e come si possano regolare in modo funzionale è oggi una sfida centrale per la pedagogia.


Per empatia nell’ambito dell’insegnamento intendiamo la capacità di comprendere le situazioni personali e sociali delle e degli allievi, di riconoscere e accogliere le loro emozioni e di rispondere con sensibilità, senza perdere di vista l’obiettivo dell’apprendimento.

Nel quotidiano del docente, al di là dei compiti pedagogici e didattici, ci sono le interazioni con gli allievi. Poco importa il tipo di classe: l’empatia è un elemento primordiale e fa parte delle competenze professionali chiave dell’insegnamento. Per empatia nell’ambito dell’insegnamento intendiamo la capacità di comprendere le situazioni personali e sociali delle e degli allievi, di riconoscere e accogliere le loro emozioni e di rispondere con sensibilità, senza perdere di vista l’obiettivo dell’apprendimento. In questa prospettiva, l’empatia orienta l’osservazione, la lettura di ciò che accade in aula e le decisioni didattiche quotidiane.

L’empatia non è un tratto unico, ma un insieme di componenti diverse che concorrono a determinare il modo in cui le emozioni altrui vengono capite e vissute. Essa non implica né “mostrare” sempre e comunque ogni emozione provata dall’adulto, né reprimerla del tutto. Piuttosto, essa funziona come una bussola per comprendere le emozioni in classe e, quando affiancata dalla capacità di gestire le emozioni, diventa uno strumento fondamentale per l’efficacia del e della docente da modulare in funzione del compito e del clima in aula. In effetti è la qualità dell’aggancio empatico che rende l’interazione educativa più chiara, equa ed efficace.

Da queste descrizioni nascono le nostre interrogazioni legate alla ricerca svolta: in che modo l’empatia “interagisce” con altri aspetti del vissuto professionale come benessere, efficacia, stile didattico e rischio di esaurimento? E fino a che punto livelli empatici elevati possono (oppure no) svolgere un ruolo protettivo per chi insegna?

Lo studio in breve

La ricerca è stata condotta nel cantone Ticino con 223 insegnanti del livello secondario II (36.7% proveniva dalle scuole professionali, 45.2% dai licei e 18.1% dalla scuola cantonale di commercio. L’età media era di 47 anni e l’esperienza d’insegnamento in media di 16 anni). Il questionario online è stato diffuso tramite il dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) del Cantone Ticino; la partecipazione era facoltativa, anonima e i dati sono stati trattati in modo confidenziale. Le informazioni raccolte comprendevano, tra i vari elementi, una scala che misura l’auto-percezione della propria empatia, diversi stili d’insegnamento, il rischio percepito di esaurimento, la soddisfazione generale di vita, l’auto-efficacia percepita come insegnante, come pure l’impegno lavorativo.

I vari concetti sono elencati nella tabella sottostante:

Gli obiettivi dello studio erano esplorare in che misura le diverse sfaccettature dell’empatia siano legate ad altri aspetti dell’insegnamento (come sopra indicato) e verificare se esistano differenze tra le e i docenti delle scuole secondarie II in Ticino, in termini di livelli empatici. Quest’ultimo obiettivo nasce dal fatto che, in studi precedenti condotti nella Svizzera romanda, avevamo già esaminato vari aspetti dell’empatia da docenti della formazione professionale. In Ticino, ci è sembrato interessante includere anche le e i docenti dei licei e della scuola di commercio, per ampliare la prospettiva e comprendere meglio se e come l’empatia si manifesti nei diversi ambiti dell’insegnamento al secondario II. Considerare l’insieme delle scuole post-obbligatorie permette infatti di cogliere possibili differenze legate al contesto scolastico, ma anche di identificare elementi comuni che caratterizzano l’attività docente nel suo insieme.

Cosa dicono i risultati

La percezione empatica delle e dei docenti delle scuole professionali, dei licei o della scuola cantonale di commercio risulta sostanzialmente simile.

Il primo risultato interessante ottenuto riguarda il confronto tra docenti di varie istituzioni d’insegnamento. Non sono emerse differenze statisticamente significative per quanto riguarda la gestione emotiva. In altre parole: la percezione empatica delle e dei docenti delle scuole professionali, dei licei o della scuola cantonale di commercio risulta sostanzialmente simile.

Le uniche differenze significative riguardano lo stile di insegnamento. Rispetto alle e ai docenti dei licei o della scuola di commercio, le e i docenti delle scuole professionali hanno indicato livelli significativamente più elevati di controllo e di strutturazione nella gestione della classe. Tale differenza potrebbe essere dovuta al diverso pubblico a cui si rivolgono, ma potrebbe anche essere legata alla loro formazione di base.

L’analisi dei legami tra gli aspetti dell’empatia e altre caratteristiche legate all’insegnamento ha portato alla luce diversi risultati significativi. Sia la preoccupazione empatica sia la messa in prospettiva hanno un effetto positivo sullo stile d’insegnamento che sostiene l’autonomia delle e degli allievi/e. Inoltre, la preoccupazione empatica è l’unica dimensione dell’empatia che predice gli altri tre stili d’insegnamento: lo fa in modo negativo per il controllo e il caos. Quindi, più la o il docente mostra preoccupazione empatica, meno gestirà la classe mobilitando pratiche controllanti o caotiche. La preoccupazione empatica predice anche positivamente la strutturazione; ciò significa che docenti con più preoccupazione empatica avranno anche tendenza a gestire la classe in modo più strutturato (vedi Figura riassuntiva qui sotto).

Le frecce verdi indicano un legame positivo tra i due concetti misurati, mentre che le frecce rosse indicano un legame negativo.

Questi risultati mostrano che, quanto più il o la docente sente davvero i bisogni della classe (preoccupazione empatica), tanto più tende spontaneamente a creare lezioni più chiare e partecipative.

Questi risultati mostrano che, quanto più il o la docente sente davvero i bisogni della classe (preoccupazione empatica), tanto più tende spontaneamente a creare lezioni più chiare e partecipative. Questo si traduce in due modi: più sostegno all’autonomia (“spiego il perché, offro scelte, ascolto”) e più strutturazione (obiettivi chiari, regole coerenti, feedback utili). Allo stesso tempo, diminuiscono i due stili meno efficaci: il controllo “tramite ordini” e il caos causato da istruzioni confuse.

In sintesi, si può affermare che l’empatia affettiva è associata a stili d’insegnamento più efficaci per clima e apprendimento, ovvero stili che sostengono i bisogni psicologici di base degli allievi e delle allieve. Va inoltre sottolineato che proprio l’aspetto affettivo dell’empatia è associato ai diversi stili di insegnamento. Ciò indica che la gestione della classe è strettamente legata al modo in cui l’insegnante entra in empatia con le e gli allievi/e a livello affettivo (e meno a livello cognitivo).

Risultati relativi alle altre caratteristiche analizzate (vedi Figura riassuntiva sottostante):

  • Rischio di esaurimento: il disagio personale causato dal subire le emozioni spiacevoli degli altri come aspetto empatico è associato in modo significativo (e positivo) al rischio di esaurimento. Ciò significa che le e i docenti che riportano livelli più elevati di disagio personale tendono a presentare un maggiore rischio di esaurimento.
  • Soddisfazione generale con la vita: mettere in prospettiva è associato ad una soddisfazione di vita più elevata, mentre il disagio personale ad una minore soddisfazione di vita. In altre parole, le e gli insegnanti con l’aspetto cognitivo dell’empatia più sviluppato indicano anche livelli più alti di soddisfazione; per le e i docenti che hanno difficoltà a livello empatico, il legame s’inverte.
  • Auto-efficacia lavorativa: più le e i docenti si dicono abili nella messa in prospettiva quando si tratta di empatia, più si sentono efficaci a livello professionale.
  • Impegno lavorativo: le e i docenti che hanno più preoccupazione empatica e più capacità di mettere in prospettiva sono più entusiasti/e al lavoro. Al contrario, il disagio personale ha un effetto negativo su questo aspetto. La messa in prospettiva è l’unica dimensione dell’empatia che predice positivamente la perseveranza al lavoro. Essa predice anche l’equilibrio percepito tra gli aspetti positivi e negativi del lavoro, mentre il disagio personale predice negativamente questo aspetto. Ciò significa che le e i docenti che combinano l’empatia “di cuore” (ovvero la preoccupazione empatica) con la prospettiva “di testa” (messa in prospettiva) tendono a lavorare con più entusiasmo. Se invece prevale il disagio personale, quell’energia si attenua.

Le frecce verdi indicano un legame positivo tra i due concetti misurati, mentre che le frecce rosse indicano un legame negativo.

Interpretazione dei risultati e conclusione

Le emozioni non sono estranee all’insegnamento, ma costituiscono la materia viva della relazione pedagogica. La preoccupazione empatica e la messa in prospettiva guidano verso stili chiari, rispettosi e motivanti, mentre il disagio personale, se non riconosciuto e gestito, può portare all’esaurimento e alla disorganizzazione. Pertanto, l’obiettivo non è “non provare nulla”, ma imparare a modulare le emozioni: scegliere quale emozione mostrare, quanto e quando, e in che modo orientarla al compito e alla relazione. Questa è la leadership emotiva: sobria, allenabile, professionale. In questo modo le e i docenti proteggono il proprio benessere, ma anche il diritto degli studenti e delle studentesse a un clima di apprendimento in cui possano svilupparsi.

Le evidenze raccolte confermano che l’empatia è una competenza professionale vera e propria, capace di sostenere benessere, efficacia e qualità nella gestione della classe. Proprio perché è un fenomeno complesso e sfaccettato, la sfida non è ridurre le emozioni, bensì imparare a orientarle. L’empatia, come pure altre competenze socio-emotive, è allenabile. Può essere coltivata e raffinata attraverso percorsi che ne sviluppano le componenti chiave, dalla sensibilità affettiva alla capacità di assumere prospettive diverse, fino alla regolazione dei propri stati interni. Il livello secondario II dovrebbe promuovere una cultura professionale che riconosca l’empatia come risorsa strategica, in grado di sostenere stili didattici chiari e motivanti e di proteggere dal rischio di esaurimento o dalla diminuzione dell’impegno lavorativo.

Mettere a tema l’empatia, definendola, osservandola, lavorandoci intenzionalmente, rappresenta una via concreta per tradurre la riflessione in pratica pedagogica: un passo verso un clima in classe più stabile e una professione docente più sostenibile.

Il presente studio suggerisce inoltre che non è necessariamente l’indirizzo scolastico a determinare la qualità della relazione educativa, ma il modo in cui le emozioni vengono comprese e modulate. Mettere a tema l’empatia, definendola, osservandola, lavorandoci intenzionalmente, rappresenta una via concreta per tradurre la riflessione in pratica pedagogica: un passo verso un clima in classe più stabile e una professione docente più sostenibile.

Nella formazione dei futuri docenti, riflettere sull’empatia significa intrecciare lo sguardo psicologico con quello pedagogico, per comprendere come le emozioni incidano sui processi di insegnamento e di apprendimento. Promuovere questa consapevolezza già nei percorsi universitari, ma anche nella formazione continua e nei contesti di aggiornamento professionale, aiuta a costruire pratiche educative più riflessive, capaci di coniugare competenza e cura della relazione.

Citazione

Wenger, M., Fiori, M., Arru, P., & Antognazza, D. (2025). Insegnare è anche un compito emotivo. Transfer. Formazione professionale in ricerca e pratica 10 (1).

https://doi.org/10.64829/14568

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