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Studio sui cantoni di Ginevra e di Basilea Città

L’immigrazione mette in pericolo la formazione professionale di base?

Nei cantoni di Ginevra e di Basilea Città, il numero di lavoratori provenienti dai Paesi confinanti è particolarmente elevato. La presenza di queste persone consente da un lato di gestire bene il fabbisogno congiunturale di manodopera; dall’altro, l’afflusso di personale non-locale compromette tuttavia la formazione di giovani professionisti locali. La misura di tale fenomeno è oggetto della presente dissertazione.


“Il mercato offre adulti qualificati a basso costo, quindi perché formare?” (Mauro Dell’Ambrogio, Rollier, 2018).

Il presente articolo affronta la storia della formazione professionale nel suo rapporto con la disponibilità di manodopera non-locale. A tal fine, i cantoni di Ginevra e Basilea Città sono due casi particolarmente rappresentativi. Entrambi cantoni urbani, essi sono caratterizzati da un’economia fortemente orientata al settore dei servizi e alle esportazioni nonché dal fatto di non avere un hinterland svizzero. A causa della loro posizione geografica, entrambi i cantoni tendono a ospitare un’alta percentuale di lavoratori stranieri. Essi presentano altresì caratteristiche simili riguardo al loro sistema di formazione (Tabella 1).

Tabella 1. Statistiche significative relative al livello secondario II, Ginevra / Basilea Città / Svizzera
* Dalla fine del censimento delle aziende, effettuato per l’ultima volta nel 2008, questi dati non sono più disponibili.

Gli anni del boom economico

Tra il 1951 e il 1970 (con un picco nel 1961-1962), la Svizzera ha registrato la sua maggiore ondata migratoria, con l’arrivo di 2,68 milioni di persone dall’estero con permesso di dimora annuale o di domicilio permanente (DSS, 2006). In questo periodo, noto come i “Trenta gloriosi” (1948-1978), il sistema formativo svizzero si è trovato ad affrontare nuove sfide (cambiamenti demografici, progresso tecnologico, passaggio alla terziarizzazione, grave carenza di manodopera). In questi anni hanno avuto altresì inizio l’espansione della formazione scolastica di livello secondario e la democratizzazione degli studi. Nell’analisi delle politiche formative, l’afflusso migratorio degli anni ’50-’70 è considerabile come un periodo di radicale cambiamento socioeconomico, o di “congiuntura critica” (Capoccia, 2016).

Sono ancora relativamente pochi gli studi dedicati all’impatto della migrazione sulla formazione professionale. La ricerca scientifica si basa infatti soprattutto su studi socio-pedagogici che analizzano le origini migratorie dei giovani che frequentano una formazione professionale, le loro opportunità formative (Bolzmann et al., 2003) e di accesso alla formazione professionale di base (Imdorf, 2008), nonché ancora sulle misure di integrazione rivolte ai rifugiati. Il modo in cui l’immigrazione può rimodellare le stesse istituzioni socioeconomiche (lo stato sociale, le relazioni economiche, la trasmissione di competenze) resta ancora “poco esplorato in letteratura” (Afonso & Devitt, 2016).

Considerazione di influenze esterne

È lecito ipotizzare che i lavoratori non-locali possano spostare gli equilibri del sistema della formazione professionale.

È lecito ipotizzare che i lavoratori non-locali possano spostare gli equilibri del sistema della formazione professionale. Quali sono le reazioni in termini di politica della formazione a questo fenomeno? Quali sono gli effetti strutturali sul sistema di formazione professionale? La situazione particolare dei cantoni di Ginevra e Basilea Città è in parte dovuta all’alta percentuale di lavoratori non-locali (transfrontalieri, svizzeri provenienti da altri cantoni, quadri dirigenti e apprendisti stranieri)? Il nostro oggetto d’indagine è costituito dalla partecipazione delle imprese (1), dagli effetti sulla struttura economica (2), dalle conseguenze per la società (3) e dagli effetti a livello politico (4).

1. Sostituibilità degli apprendisti locali

Due vantaggi spesso menzionati dalle aziende che formano da sé la propria forza lavoro sono gli aumenti di produttività durante la formazione e il risparmio sui costi di assunzione (Wolter et al., 2003). Tuttavia, secondo diversi studi (p. es. Aepli & Kuhn, 2019), la possibilità di assumere lavoratori non-locali può demotivare le imprese a formare apprendisti. Nel 2018, alla domanda se la formazione professionale godesse dello stesso riconoscimento in tutte le regioni linguistiche, Mauro Dell’Ambrogio, al tempo Segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI), ha risposto così:

“Subiamo l’influenza dei grandi Paesi a noi vicini. Tuttavia, la formazione professionale ha un peso minore, soprattutto nei cantoni di Basilea Città, Ginevra e Ticino, probabilmente a causa della facilità di assunzione dei lavoratori provenienti da oltreconfine. Il mercato offre adulti qualificati a basso costo, quindi perché formare?” (Rollier, 2018).

Per i due cantoni di confine di Ginevra e Basilea Città, il problema è ulteriormente rafforzato dal fenomeno dei lavoratori transfrontalieri. Già un articolo, pubblicato sul Courrier il 2 luglio 1982, affermava che “i lavoratori transfrontalieri non dovrebbero essere utilizzati […] a danno degli apprendisti del Cantone”, anche se è “più comodo per un’azienda assumere personale straniero piuttosto che un giovane a cui bisogna dare una formazione”.

Gli apprendisti locali non sono peraltro sostituibili soltanto con lavoratori non-locali, ma anche con apprendisti non-locali. Infatti, questi ultimi possono facilmente occupare i posti di apprendistato vacanti – come avviene tipicamente nei settori della panetteria e della macelleria. A Ginevra, la cosiddetta legge Revaclier, entrata in vigore il 1° settembre 1973, ha ampliato le basi per l’assunzione di apprendisti ponendosi espressamente l’obiettivo di reclutare nuovi apprendisti tra la popolazione straniera presente a Ginevra. Il periodo di permanenza richiesto per ottenere un assegno di tirocinio è stato abbassato da cinque a tre anni, il che ha portato a un forte aumento del numero di beneficiari stranieri a partire dal 1973 (vedi Fig. 1). Va tuttavia ricordato che per tutto il periodo in esame è stata comunque data priorità alla forza lavoro locale, sia per i posti di lavoro sia per quelli di apprendistato.

Figura 1. Beneficiari dell’assegno di tirocinio, Ginevra, 1957–1980 (Rapporto di gestione dell’OCFP – Office pour l’orientation, la formation professionnelle et continue del Canton Ginevra)

Nel Cantone di Basilea Città la situazione degli apprendisti stranieri è a malapena problematizzata. Qui l’attenzione si concentra piuttosto sugli apprendisti svizzeri. Una particolarità del Cantone di Basilea Città è il fatto di offrire un gran numero di posti di apprendistato, ma di contare relativamente pochi apprendisti abitanti nel Cantone stesso – il che distorce la maggior parte delle statistiche, secondo le quali Basilea Città sarebbe in fondo alla classifica delle quote di apprendistato. Nel 2021, per esempio, secondo l’Ufficio federale di statistica (UST), solo la metà dei circa 5700 apprendisti di Basilea Città risiedeva nel cantone. Secondo diverse dichiarazioni rilasciate all’epoca, a Basilea gli apprendisti non-cantonali intensificherebbero la competizione sul mercato dell’apprendistato. In particolare, per quanto riguarda l’orientamento professionale, il fatto che la “Berufsvorbereitungsklasse” (classe di preparazione professionale) sia stata introdotta prima nel sistema scolastico di Basilea Campagna avrebbe penalizzato gli apprendisti di Basilea Città.

2. Avanzamento professionale e passaggio degli apprendisti al settore dei servizi

Diversi autori hanno sottolineato come l’immigrazione di lavoratori non-locali favorisca l’accesso dei giovani locali alla formazione e al settore terziario. Kreis e von Wartburg (2000) sostengono che la presenza di lavoratori immigrati ha permesso “l’ascesa sociale verso posizioni migliori“. Secondo Peri e Sparber (2009), l’immigrazione spinge la popolazione locale verso altri percorsi formativi e verso altre professioni.

Nel contesto dei cosiddetti “Trenta gloriosi“, la disponibilità di forza lavoro non-locale in occupazioni manuali umili, in particolare quelle del cosiddetto tipo 3D (Dirty, Difficult, Dangerous), ha spinto indirettamente i giovani locali ad accedere a formazioni del settore terziario. Come scriveva il Journal de Genève del 27 giugno 1970: “Una delle perturbazioni più durature della nostra vita economica e nazionale causata dall’eccesso di manodopera straniera è la profonda disaffezione di molti nostri giovani per i mestieri manuali dell’artigianato e dell’industria”. Ciò a cui si assiste è dunque un fenomeno di promozione professionale della gioventù locale.

3. Stigmatizzazione sociale e svalutazione della formazione professionale duale

Lo studio mostra come i lavoratori non-locali siano rappresentati soprattutto in alcuni di quei settori che hanno tradizionalmente sempre formato apprendisti (edilizia, metalmeccanica, panetteria, servizi alla persona). In un’epoca di “inforestierimento“, che ha avuto il suo apice nell’iniziativa Schwarzenbach del 1970, tale situazione sembra aver avuto un impatto sul valore socialmente attribuito alla formazione professionale. A seguito della presenza di sempre più giovani stranieri, questa ha infatti finito per essere stigmatizzata – tanto da essere considerata uno strumento sociale per “recuperare” i giovani di scarso talento, spesso stranieri, mentre i giovani più talentuosi si dirigono verso altri percorsi formativi.

4. Un freno alla modernizzazione del sistema di formazione professionale

La presenza di manodopera non-locale prontamente disponibile avrebbe come conseguenza una certa inerzia da parte delle autorità preposte alla formazione professionale.

Se si esaminano gli sforzi condotti a livello politico per aumentare l’attrattività, migliorare o modernizzare il sistema di formazione professionale, è difficile distinguerli dagli sforzi compiuti dalle imprese per offrire posti di apprendistato. “Nel lungo periodo, la migrazione temporanea può ostacolare il miglioramento della formazione sia di cultura generale sia professionale”: con questa affermazione, Castles (1987) sembra essere stato uno dei primi a evidenziare il problema. In altre parole, la presenza di manodopera non-locale prontamente disponibile avrebbe come conseguenza una certa inerzia da parte delle autorità preposte alla formazione professionale. Tale freno alla modernizzazione della formazione professionale, ma anche la stessa congiuntura economica positiva, in sé piuttosto sfavorevole all’apprendistato, fanno sì che aumenti il numero di lavoratori (minorenni) non qualificati – e un numero considerevole di essi è costituito da giovani stranieri. Nel 1966, dei 3491 minorenni semiqualificati o non qualificati presenti a Ginevra, il 60% aveva completato la scuola altrove: si trattava cioè di immigrati dall’estero, di frontalieri (autorizzati a lavorare a partire dai 17 anni) o di persone provenienti da altri cantoni. L’offerta di formazione professionale è stata in seguito caratterizzata da diverse misure di compensazione, quali misure di protezione dei minori, misure di sostegno, formazione continua professionale.

Tra il 1963 e il 1970, a seguito di misure di limitazione dell’impiego di lavoratori stranieri, l’economia svizzera ha perso un’importante quota di forza lavoro. A ciò è stato reagito con l’introduzione di un corso di formazione di base biennale (formazione empirica), divenuto legge nel 1978. Il Journal de Genève del 18 aprile 1978, a questo riguardo, affermava significativamente che l’obiettivo della formazione di base era “colmare i vuoti lasciati dai lavoratori stranieri che rientravano in patria” a causa della crisi economica.

Uno sguardo sulla situazione attuale

Da alcuni anni, gli apprendisti transfrontalieri sono tornati a essere un tema caldo nei media. Il 27 novembre 2013, sulla rivista online Largeur è stato pubblicato un articolo relativo alla questione degli apprendisti frontalieri nei Cantoni Giura, Ginevra, Vallese e Ticino. Secondo tale articolo, nel Canton Ticino i transfrontalieri tra gli apprendisti sarebbero il 10% di tutti i giovani in formazione. Alcuni candidati a un posto di apprendistato hanno 25 anni e sono già in possesso della maturità o addirittura di un bachelor universitario. Un apprendistato in Svizzera appare molto attraente soprattutto per i giovani italiani: anche se la retribuzione iniziale non è alta, essi “raggiungono presto un salario che in molti casi è superiore a quello di un lavoro a tempo pieno in Italia”. Nel 2016, il consigliere federale Johann Schneider-Ammann ha persino rilanciato l’idea di coprire i posti di apprendistato vacanti con apprendisti non-locali.

Allo stesso tempo, diverse voci sottolineano che anche quadri dirigenti e imprese non-locali hanno un effetto frenante sulla formazione professionale duale. Spesso, proprio come molti genitori stranieri, essi non conoscono infatti il sistema di formazione professionale svizzero e assumono pertanto pochi o nessun apprendista. Questo è quanto ha dichiarato Gilles Miserez, direttore generale dell’OCFP (Office pour l’orientation, la formation professionnelle et continue) del Canton Ginevra, il 17 agosto 2020:

“Siamo fortemente influenzati dal sistema francese, che non si basa sull’apprendistato. Abbiamo inoltre una popolazione straniera numericamente consistente che sa poco sulla formazione professionale. A Ginevra ci sono poi imprese straniere che non conoscono bene il nostro sistema di formazione professionale e non formano apprendisti”.

Secondo Blatter et al. (2012), “l’offerta formativa delle imprese a capitale straniero è significativamente più bassa”. Unterweger (2022) sottolinea la mancanza di comprensione del sistema di formazione professionale svizzero da parte di queste stesse imprese, la loro preferenza per profili accademici nonché la loro mancanza di una “firm culture” favorevole alla formazione professionale duale.

Conclusioni

La storia ha dimostrato che i lavoratori e gli apprendisti non-locali rappresentano una sfida particolare per l’equilibrio del sistema di formazione professionale svizzero. Tale influenza esterna, che compete o che colma le lacune esistenti a seconda delle circostanze socioeconomiche prevalenti in un dato momento, si riflette nelle attuali discussioni sul futuro della formazione professionale stessa. Oggi più che mai, essa deve pensare “fuori dagli schemi” e rispondere in modo intelligente alle sfide esterne che derivano dalla complessa situazione di dover conciliare richieste provenienti da diverse realtà: formazione, mercato del lavoro, migrazione. Affinché il loro sistema di formazione professionale sia al passo con la realtà della loro situazione socioeconomica, cantoni come Ginevra e Basilea Città, il cui mercato del lavoro è fortemente orientato all’internazionalizzazione, devono essere consapevoli dell’impatto della migrazione anche sul mercato della formazione.

Sintesi

Il presente articolo riassume i risultati di una tesi di dottorato sui trent’anni del boom economico (1950-1980) nei cantoni di confine di Ginevra e di Basilea Città. Essa esamina il pericolo della sostituzione degli apprendisti locali da parte di lavoratori non-locali e le conseguenti misure di compensazione. Tale problema è ancora oggi rilevante. A causa della carenza di manodopera, della crescente globalizzazione, della mescolanza dei gruppi di popolazione, ma anche del basso tasso di natalità, l’influenza dei transfrontalieri nonché dei quadri dirigenti stranieri nella politica formativa svizzera merita un’attenzione particolare.

Literatur

  • Aepli, M. et A. Kuhn (2019). Open Labor Markets and Firms’ Substitution between Training Apprentices and Hiring Workers. IZA DP 12479, 1-21.
  • Baselland Business, 27.04.2022
  • Blatter, M. et al. (2011). The Costs of Hiring Skilled Workers. European Economic Review 5, 20-35.
  • Bolzmann, C. et al. (2003). Secondas-Secondos. Le processus d’intégration des jeunes adultes issus de la migration espagnole et italienne en Suisse. Zürich: Seismo Verlag.
  • Busemeyer, M. et C. Trampusch (2012). The Political Economy of Collective Skill Formation. New York: Oxford University Press.
  • Capoccia, G. (2016). Critical Junctures. In O. Fioretos, T. G. Falleti et A. Sheingate (Eds). The Oxford Handbook of Historical Institutionalism, 89-106.
  • Castles, S. (1987). Temporary migrant workers – economic and social aspects. Centre for Multicultural Studies, University of Wollongong Occasional Paper 9, 18.
  • De plus en plus d’apprentis frontaliers, consultée le 22.09.2022.
  • Dictionnaire historique de la Suisse DHS (2006). Immigration.
  • Huber, K. (1963). Die ausländischen Arbeitskräfte in der Schweiz. Solothurn: Buchdruckerei Vogt-Schild AG.
  • Imdorf, C. (2008). Migrantenjugendliche in der betrieblichen Ausbildungsplatzvergabe, auch ein Problem für Kommunen. In M. Bommes (Ed.). Migrationsreport 2008. Fakten – Analysen – Perspektiven. Frankfurt, Main: Campus Verl, 113-158.
  • Kreis, G. et B. von Wartburg (2000). Basel-Geschichte. Eine städtische Gesellschaft. Basel: Christoph Merian Verlag.
  • Peri, G. et C. Sparber (2009). Task Specialization, Immigration, and Wages. American Economic Journal: Applied Economics 1(3), 135-169.
  • Rollier, I. (2018). Coup d’envoi pour la formation obligatoire jusqu’à 18 ans à Genève. Panorama 5.
  • Unterweger, D. F. (2022). Unconstrained Capital? Multinational companies, structural power, and collective goods provision in dual VET. Socio-Economic Review 20, 1339–1359.
  • Wolter, S. et al. (2003). Why Some Firms Train Apprentices And Many Other Do Not. IZA DP 916, 1-21.
Citazione

Vorpe, J. (2023). L’immigrazione mette in pericolo la formazione professionale di base?. Transfer. Formazione professionale in ricerca e pratica 8(11).

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